Nel mondo della musica classica sta emergendo un fenomeno preoccupante che, talvolta, richiede supporto legale per la risoluzione.
La recente vicenda di Amy Beth Horman e di sua figlia Ava, una giovane violinista, è un esempio di questa problematica: Amy ha ricevuto due reclami copyright da Facebook riguardanti video delle esibizioni di Ava, uno per il "Concerto per Violino di Mendelssohn", eseguito dal vivo questa settimana, e un altro per una performance del 2020 in cui Ava interpretava il pezzo "Meditation from Thais". Entrambe le opere, essendo classici del repertorio, rientrano nel pubblico dominio, pertanto, non sono soggette a diritti d'autore.
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Un esempio delle esibizioni contestate, notate bene le date: la pubblicazione del 2020 viene contestata a dicembre del 2023! |
Il paradosso sta nel fatto che questi reclami non derivano da violazioni effettive dei diritti d'autore, ma sono il risultato di azioni automatizzate messe in atto da algoritmi programmati da grandi aziende discografiche come Sony Music Entertainment, Warner Music Group o Universal Music.
Questi bot, nel confrontare le esibizioni dei musicisti con registrazioni presenti nel loro catalogo, possono erroneamente identificare un'esecuzione come violazione dei diritti d'autore, nonostante i musicisti abbiano il pieno diritto di eseguire e pubblicare queste esibizioni.
Amy Horman, ben consapevole delle normative sui diritti d'autore, grazie anche al background del padre compositore, ha evidenziato la frequenza con cui si trova a fronteggiare queste problematiche, soprattutto sui social network come Facebook e Instagram: "Ogni volta che pubblico, succede immediatamente, entro un minuto o due", ha detto Amy. Questo accade nonostante le performance di Ava non subiscano alcuna modifica in post-produzione e le opere eseguite siano sempre di dominio pubblico o oggetto di specifica autorizzazione.
Le conseguenze di questi reclami sono gravi: i video vengono spesso silenziati o rimossi, privando gli artisti della possibilità di condividere il loro lavoro e, nel caso dei musicisti professionisti, di monetizzare le loro esibizioni.
Contestare questi reclami si rivela un processo lungo e dispendioso in termini di tempo, spesso senza portare a una risoluzione soddisfacente. Infatti, nonostante le contestazioni, spesso i reclami non vengono revocati, lasciando i video rimossi o silenziati per mesi.
Il violinista Emil Chudnovsky, che ha avviato un gruppo di supporto su Facebook chiamato "Musicians Exasperated by Baseless, Automated Copyright Claims", ha sottolineato l'assurdità del sistema attuale:
"Facebook ci richiede, a noi musicisti le cui performance vengono improvvisamente rivendicate da altri, di intraprendere azioni inviando una contestazione e di fornire una motivazione per cui riteniamo tale contestazione legittima", afferma Chudnovsky.
Questo sistema, che lascia l'ultima parola all'algoritmo senza alcun intervento umano, si rivela estremamente fallace e ingiusto.
La storia di Amy e Ava Horman mette in luce una problematica più ampia che riguarda l'intera comunità dei musicisti e la necessità di una maggiore consapevolezza e di un intervento normativo per proteggere i diritti degli artisti in questo nuovo contesto digitale appare oggi più urgente che mai.
Note aggiuntive
Ringrazio molto Simone Aliprandi, noto esperto in Diritto d'Autore, il quale fa giustamente notare che il problema delle segnalazioni effettuate dai bot riguarda aspetti legati ai "diritti connessi".
I "diritti connessi" al diritto d'autore sono una categoria di diritti di natura giuridica che proteggono gli interessi di alcune categorie di soggetti che, pur non essendo autori di opere dell'ingegno in senso stretto, contribuiscono alla creazione, produzione e diffusione di opere culturali, artistiche o intellettuali. Questi diritti sono riconosciuti a livello internazionale e variano a seconda della legislazione di ciascun paese.
Mentre il diritto d'autore protegge la creazione originale (come un brano musicale o un'opera letteraria), i diritti connessi proteggono l'espressione, la performance o la trasmissione di tali opere.
Tuttavia, la programmazione degli algoritmi che pilotano i bot di segnalazione si dimostra di manica larga, andando ad effettuare reclami copyright anche in casi del tutto legittimi.