È in corso un acceso dibattito tra esperti di Proprietà Industriale, agricoltori e istituzioni europee attorno ad un tema cruciale: i brevetti sulle nuove varietà vegetali sviluppate attraverso le tecniche di editing genomico, note come New Breeding Techniques (NBT).
Da una parte abbiamo le multinazionali sementiere che sostengono la necessità di deregolamentare queste innovative biotecnologie, promettendo una rivoluzione nell'agricoltura mediante l’introduzione di piante più produttive, resilienti e sostenibili.
Dall'altra parte una corrente significativa del mondo agricolo esprime preoccupazioni sulla potenziale privatizzazione eccessiva del patrimonio vegetale.
Queste preoccupazioni sono incentrate sul timore che, nonostante l'esistente divieto di brevettare direttamente le piante NBT, le aziende possano bypassare tale restrizione tutelando in modo ampio le informazioni genetiche che stanno alla base di queste piante.
Un aspetto giuridico rilevante è che l'Unione Europea classifica le informazioni genetiche digitalizzate (DSI) non come materiale biologico, ma come dati di ricerca. Questa distinzione permette alle aziende di estendere potenzialmente i diritti di brevetto alle sequenze genetiche, influenzando così qualsiasi pianta che le contiene, inclusi i tipi convenzionali e le varietà tradizionali coltivate dagli agricoltori.
Inoltre, secondo l'articolo 9 della Direttiva europea 98/44/CE, la protezione conferita da un brevetto su un prodotto contenente o costituito da informazioni genetiche si estende a qualsiasi materiale in cui queste informazioni sono incorporate e svolgono la loro funzione.
Ciò potrebbe portare gli agricoltori a violare inconsapevolmente i brevetti di terzi e a dover pagare royalty per l'uso di sementi che precedentemente appartenevano al pubblico dominio.
La situazione presenta un complesso intreccio di interessi: il settore della ricerca e delle biotecnologie chiede protezione legale per recuperare gli investimenti, mentre vi è una crescente preoccupazione nel settore agricolo per una possibile dipendenza da sementi costose e non riutilizzabili.
Di fronte a questa realtà, i legislatori europei sono chiamati a trovare un delicato punto di equilibrio, affrontando la sfida di redigere normative che proteggano sia l'innovazione che i diritti tradizionali degli agricoltori.
Si tratta di una questione complessa, che richiede una gestione attenta e informata nel campo della proprietà industriale.